Editoriali

AMATRICE 2023

Amatrice 23 ovvero:
Più semo mejo stamo.
Effettivamente il pubblico è stato quello delle grandi occasioni, più di cento bikers ed un corteo di oltre settanta v twin, il colpo d’occhio che si offre è impressionante. La formazione si dipana per centinaia di metri e lo spettacolo, ripeto, è di quelli che raramente si possono osservare sulle strade nostrane.

Eccezionale, ancora di più se a comporlo è un unico Chapter. Forse sarà stato l’affetto per la location prescelta, o forse la splendida giornata che un autunno appena accennato ha deciso di offrirci. O ancora, a pensarci meglio, forse è stata la garanzia di una proposta gastronomica di fama mondiale, che ha convinto i più a dedicare questa domenica di fine ottobre alle due ruote.


Ogni anno lo facciamo, visitiamo questa parte di regione, per vedere come procedono “le cose” per capire se c’è stato qualche miglioramento, per godere degli splendidi panorami che offre, e perché no, anche per dare un piccolo supporto all’economia locale. Amatrice poi, ce l’abbiamo nel cuore, ancora di più dai tragici fatti del 2016.


Ricapitoliamo. Ore 8.30 area di servizio Salaria est, l’appuntamento ce lo abbiamo qui e una volta arrivato quello che mi colpisce immediatamente è lo schieramento di moto nel parcheggio, azz.. stavolta siamo proprio tanti.
Molti visi conosciuti ma anche molti volti nuovi, la “famiglia” si allarga, meglio così, più semo mejo stamo. Un pensiero va ai nostri Road, oggi per loro sarà una giornata impegnativa, ma è sufficiente un’occhiata verso i gilet arancioni, per cogliere quel senso di tranquillità che l’abitudine concede, quando pienamente consapevole di se stessa, diventa esperienza.

Noto nel gruppo una piacevole sfumatura di rosa un dyna nero e altri piccoli particolari dei quali diremo
più avanti. Briefing prepartenza consegna della patch piccolina ai nuovi “ discepoli”, foto di rito e diamo vita al “serpentone” Il breve tratto di autostrada che percorriamo ci condurrà sulla ss4, che detta così è quasi insignificante, ma se la chiamiamo Via Salaria riusciamo a capire meglio dove ci troviamo e dove possiamo arrivare. La semantica ci viene in soccorso e qualora servisse, ci svela lo scopo che ne
giustificò l’edificazione già in epoca antica.

Partendo da Roma giungeva fino al mare Adriatico e veniva usata principalmente per il trasporto del sale. Il tracciato inizialmente abbozzato dagli antichi Sabini, risale al II° secolo a.c. Ed è infatti la Sabina l’unica vera protagonista del nostro run, questa vasta parte geografica della regione che si spinge fra pianure colline e montagne, fino al confine con l’Abruzzo. Iniziamo dal basso e piano piano cominciamo a risalire i quattrocento metri di dislivello che ci separano da Rieti. L’aria ancora frizzante completa il risveglio e concede ristoro a testate e cilindri, che sembrano godere della frescura ritrovata, dopo una torridissima estate.

Il paesaggio è quello tipico della zona e che ha promosso la piana di Rieti, fra i patrimoni rurali storici Italiani. Boschi, macchia mediterranea, faggete lecci e ancora prati a perdita d’occhio e ovviamente pascoli. Le molteplici tonalità di verde ancora fortemente acceso, svelano la pigrizia della stagione media che indolentemente ancora non vuole decidersi a maturare.

Costeggiamo la città e ci dirigiamo ancora di più verso l’alto, intravedo il fiume velino e subito ritornano alla mente giovanili giornate spese alla disperata ricerca di trote, persici e tinche. Altri tempi, altri ricordi, altri momenti, legati ad una passione che mi portava su queste sponde a volte in piena notte, e visto che l’apertura di questa specialità di pesca cade l’ultima settimana di Febbraio, si possono beatamente immaginare le temperature.

Alla fine superiamo i novecento metri di altitudine, siamo nel Parco Nazionale del Gran Sasso in
quello che dal 2015 è stato con giusta causa ammesso nel club dei borghi più belli d’Italia. Eccolo qua, Amatrice, incastonato in un area di confine fra quattro regioni, Lazio, Umbria, Marche ed Abruzzo crocevia fra il versante Adriatico e quello Tirrenico, di antichissima fattura e di rilevante importanza già in epoca preromana.

Patria di una specialità tutta sua, che nel tempo, conquistando tutto il pianeta, è divenuta ambasciatrice d’Italia nel mondo. E no!! potete tranquillamente dire a Cracco che nella matriciana l’aglio non ci va, nemmeno se mette la camicia, nemmeno se l’ispirazione viene da un sonetto di Aldo Fabrizi ( che ci soffriggeva addirittura la cipolla) solo guanciale, pecorino e passata di pomodoro, i creativi fateli a masterchef, lasciate le cose sacre ai loro “sacerdoti” e non proponete mai più simili eresie.

Si inizia con un più che gradito aperitivo gentilmente offerto dal Roma Chapter a Tutti i partecipanti, che non sono pochi e che gradiscono allegramente il gentile cadeau. Creiamo sicuramente scompiglio nella domenicale quiete del posto, siamo più di cento e i “nativi” ci osservano con curiosa bonarietà. Non posso fare a meno di pensare che probabilmente, ognuno di loro porta una cicatrice nell’anima, il ricordo di qualcuno che repentinamente in una notte di piena estate li ha lasciati lì, col cuore spezzato e con la vita stravolta. Un familiare, un amico, un figlio o forse una madre, li ha lasciati lì a testimoniare la loro
esistenza e il loro amore per quel posto. E questa gente lo fa, con caparbietà con dignità con onestà e anche con un pizzico di orgoglio.

Il pranzo è di quelli che lascia il segno e l’affluenza nella sala lo fa apparire come un banchetto matrimoniale. Il buon cibo dona allegria o forse è il buon vino, non ricordo bene, fatto sta che il contagio si propaga rapidamente e alla fine il radioso sorriso di Colei che materialmente è stata l’artefice del godimento dei nostri palati, ci regala e mi regala la consapevolezza che nulla è per sempre, tantomeno la tristezza e che la vita ama la vita, anche quando vivere ci sembra così difficile.

Grazie Signora Cuoca, non ricordo il suo nome, ma non dimenticherò mai quel suo splendido coraggioso amorevole sorriso. Il ritorno è impegnativo il traffico intenso la formazione veramente lunga, ed i lavori in corso su tutto il percorso non rendono le cose semplici, ma alla fine con soddisfazione di Tutti giungiamo a Salaria Ovest, punto di chiusura del run e dei consueti saluti.

Una domenica diversa, ma per alcuni aspetti uguale a molte altre, che fortunatamente e grazie al lavoro e all’impegno dei soliti noti (che vanno sempre per questo ringraziati) riusciamo a “ rubare” alla monotonia del quotidiano.

Menzione speciale a Cristina che nel momento del bisogno, non esita un attimo e indossato il gilet dei road contribuisce alla nostra sicurezza, con la maestria che gli compete e perché no, con quel tocco di rosa che non dispiace affatto. Poi c’è quel Dyna nero, beh……c’è gente che definisce questi, i tempi del consumo, dove tutto invecchia precocemente, tutto si cambia rapidamente, e non c’è spazio per considerazioni d’altro sentore.

Ripeto, beh…… Io dico, anzi Io so, che esistono le eccezioni, lo so perché le conosco, vado per strada con loro, e sulla strada li vedo, anche se loro non si sentono eccezionali per niente.
Parcheggio la moto la giornata volge al termine ma già sto pensando al prossimo run. Sapete, ho fatto mie le parole di un signore che diceva: “ Esistono due tipi di persone, quelli che hanno paura di salire in moto e quelli che aspettano con terrore il giorno in cui ne dovranno scendere.”


Take care you.
By Moschet.