Il Faaker è il Faaker. Campassi cent’anni l’ultima cosa che farei sarebbe un run di più di 2000km con il Roma Chapter! Se poi alla meraviglia del run si associa lo sbalordinamento perennemente attonito del moto raduno più grande d’Europa, beh, non c’è nitroglicerina, non c’è miscuglio imperante tra idrogeno e ossigeno, non c’è miscela esplosiva che tenga perché tutto è un susseguirsi di adrenaliniche emozioni, di gioia stupore, spensieratezza e fratellanza.
La European Bike Week sul lago Faaker See è uno dei raduni motociclistici più famosi al mondo, una vera e propria mecca per i fan di Harley-Davidson. L’evento attira ogni anno centinaia di migliaia di appassionati di moto di varie marche e “stili” sul lago blu turchese Faaker See in Carinzia, Austria. Ma a volte non tutto è risolviblile con la serietà dell’aritmetica, essere cronicamente nella logicità per aggiustare nevrosi di natura localizzata è, nella mia esperienza, una pessima idea. La vera centratura animica non è lucida ma è la considerazione inconscia della sindrome di Peter Pan che associa tutti i biker di qualsiasi età. E’ l’autenticità analogica, idiosincrasia della seriosità altasonante, dolce esasperazione del cazzeggio, pattern di goliardia, autostrada della felicità che si trasmette per osmosi da fratello a fratello.

Il Faaker è il Faaker, e di tutto questo ne è l’amplificazione massima. I “soliti noti”, i vecchi volti della manifestazione che quest’anno compie 25 anni, ormai sudati e claudicanti tra alcool e sarcopenia irrefrenabile circolano noncuranti di un castrante ma tutto sommato adeguato controllo delle forze dell’ordine dedito più ai decibel dei nostri ferri che alle pinte di birre e allora ti guardi intorno per un attimo e l’immaginazione lascia spazio alla realtà: enormi corna di bue sul parafango anteriore, dorati vestiti da fatina neanche fossimo al Garnier di Francia, ipertrofiche braccia ridondanti poco sotto i 50cm di circonferenza rigorosamente vestite con il solo gilet …ed ancora… barbe lunghissime, capelli colorati, fisici alla Woody Allen ma tatuatissimi e con lo sguardo da perenne cattivo, fatine Turchine e Mangiafuochi dell’ultim’ora che si incontrano e si abbracciano. Vi voglio bene a tutti fantastico mondo del fantastico.

E noi tutti giù a mostrare ipertrofici ferri e adiposi muscoli nella fiera dell’assurdo proprio come delle vacche da esposizione con la differenza, rispetto a quest’ultime, di avere le mani e si sa quanto queste necessitano tra freno e frizione. La felicità non bussa chiedendoti permesso ma entra sicura invadendoti, tutto è controsenso al Faaker, tutto è a favore della botta di follia adolescenziale che ci accomuna. Centinaia di stand dell’introvabile della serie “se qualcosa non esiste al Faaker c’è!”, musica, divertimento, stand di accessori, parti di ricambio, giacche, borse, cappelli, bandane, preparatori, patch, spille, gadgets, souvenir, e tutto quello a cui potete pensare quando si dice Harley!

Il Faaker è il Faaker, moto da salone di bellezza inguidabili poiché sempre più estremamente minime nelle selle e sempre più gigantesche nelle ruote accecano con i loro colori sgargianti, moto che soltanto in una fantasia fumettistica potrebbero essere state immagginate, scomode, assurde ma bellissime con accessori estremi e variopinti, uno tra tutti? il carrellino dei superalcolici a forma di bara a seguito!!! Me se così è allora il custom è soltanto voglia di stupire, è il sopravento dei sogni rispetto alle leggi della fisica, “curvare con questa moto è facile”, mi diceva un armatore tedesco “basta scendere, spostarla e poi risalire!!!” E’ la goliardica eccitazione dell’assurdità che prende il sopravento.
Il Faaker è il Faaker, ma se così è, è l’osservanza grottesca dell’immodestia che rasenta l’assurdo, fasullo simbolo di americaneggiante cartapesta, la fiera della vanità con il suo egocentrismo, esibizionismo, narcisismo. Se cosi è, è il mondo custom con i suoi vassalli, valvassori, valvassini e buffoni di corte, e sapete che c’è? C’è che tutto questo è meraviglioso! Ma se così non è, almeno per alcuni, allora resta la realizzazione di sogni impossibili, la visione di strade impensabili, la conoscenza di persone incredibili, una dolce, sicura ricompensa. Ci resta il rispetto tra fratelli, l’onestà che ti insegna, la gioia che ti trasmette, il vero miscuglio di eccitazione, beatidudine e sofferenza del tenere il manubrio in mano per ore durante migliaia di miglia. Se così non è ci resta il Roma Chapter se continua ad essere vero, e in mondo di obblighi e condizionamenti sociali anche questa può essere una rivoluzione, per tornare ad essere persone consapevoli, serie, leali.
Il Faaker è il Faaker, però a qualcuno voglio dedicare questa edizione del 2025, non me ne vogliate, nessuno si senta escluso. Voglio dedicarlo a ciò che si nasconde dietro alla misura che quest’anno ha superato i 270, al singolo batticuore di ogni freddo numero che tenta, senza riuscire, di occultare la persona con la sua passionalità, a tutte le nuove leve del Chapter dove tra loro si nascondono gli officier e il direttivo del futuro, all’accoglienza e alla voglia di stare insieme.
Che sia il Roma Chapter presto anche per voi fonte di gioia e di unione, di esperienze e di spensieratezza, di divertimento e di felicità, di amicizia e di splendidi avventure da ricordare. “La strada unisce, il resto sono chiacchiere”, tatuatevelo sulle pareti del vostro pericardio nuove leve, tutti noi lo abbiamo già fatto. Un’altra dedica mi nasce dall’anima e attraversa tutto il sistema cardocircolatorio lasciandomii un extrasistole ventricolare che farebbe provare affetto anche per Godzilla: voglio dedicare questo Faaker a chi non c’era o era presente e sta lottando contro mali difficili da gestire, a chi dimostra giorno per giorno che la grinta, il coraggio, la perseveranza e la volitività del biker si vedono anche e soprattutto negli avvenimenti della vita.
Forse è tutto inutile, futile, ma non posso fare a meno di nutrirmi di queste emozioni. Scopriremo, ringraziandolo un giorno, che ciò che è stato, in qualunque modo vada, è stato davvero il minimo dei mali possibili, che dal nostro sguardo altri in situazioni simili possono attaccarsi per trovare quel lume di speranza, di combattività, fermezza ed energia che serve in questi casi, perchè ogni lotta, vinta o persa ma fatta con il cuore regala sempre qualcosa.
Caro Aldo, Aldo tutto o niente, hai visto che la grinta è servita, non abbandoniamoci mai al niente. Lasciamoci volare ancora, abbiamo ottimi motori per farlo.

Ma se il Faaker è il Faaker c’è qualcuno nel nostro Chapter i cui neuroni organizzativi non dormono mai sempre intenti a trovare cose nuove ed entusiasmanti per trasformare un qualsiasi già meraviglioso run in un mito, una leggenda. La nostra gratidudine per loro è qualcosa di fisso, di immobile. Ed allora, come se l’immensità del Faaker non bastasse, ci propongono un sogno, qualcosa di non descrivibile a parole, una strada mozzafiato, un’escursione in moto, la follia di una cavalcata tra tornanti a 360 ° ghiaccio e neve con un panorama strabiliante: il grandioso Grossglockner!!!

Se per un biker il Faaker è il centro dell’Harley il Grossglockner è l’ombelico del mondo! L’amore non si costruisce su un bisogno ma su una connessione e allora saliamo su, e su ancora, ancora più su fino ai 2500mt, fino ai confini del cielo tra i Monti della Carinzia e di Salisburgo, nel cuore del parco nazionale degli Alti Tauri nelle Alpi austriache. 48 km di continuità dove la visione ti avvolge, gli odori ti inebriano, la propriocezione del vento e della temperatura che si abbassa drasticamente ti fagocitano amorevolmente in un abbraccio stretto e premuroso. Inutile resistere, unica possibilità è lasciarsi andare, farsi rapire dall’atmosfera, tornante dopo tornante. Immergersi nell’allucinazione naturale di un mondo la cui natura comanda ancora e riesce a farsi sentire. Nessuna difesa possibile, fascino totale, non c’è testugine della romana legione che ci possa ancora proteggere, tutto arriva con gioia devastante dritto al sistema limbico-emozionale.
Qualcuno di noi si lascia andare alla degustazione del piatto tipico: una bella Schnitzel la mega cotoletta austriaca, con patatine e birra, immancabile lo strudel finale il tutto condito alla perfezione guardando la montagna più alta dell’Austria: il ghiacciaio di Pasperse….. Dio come sono semplici le gioie del biker! Si empatizza con la luce oltre che con il buio caro Sigmund Freud, questo non lo avevi proprio capito!
Ma l’istinto infantile di rompere i coglioni al destino è potentissimo e allora come se non bastassero gli ettolitri di neurotrasmettitori emozionali accumulati in questi tre giorni e con l’illusione temporale che questo run duri qualche mese affrontiamo un’ulteriore novità sull’onda dei panorami mozzafiato. La visione dalla torre Pyramidenkogel di oltre 100mt di altezza con la possibilità di buttarsi, per il rientro, in uno scivolo che l’avvolge intorno formando una spirale, 120mt di caduta! Qualcuno di noi lo fà, io mi metto ad osservare il miscuglio di paura ed eccitazione nelle loro facce all’arrivo del circuito, porterò quelle buffe immagini dentro di me per molto tempo! L’adrenalina è il combustibile del futuro!
“E tornammo a rimirar le stelle” diceva Dante uscendo dall’inferno e anche noi ci dirigiamo verso casa…. come sempre a questo punto la noradrenalina cala e lascia spazio alla presenza del qui ed ora…..non c’è nulla di proiettato, è tutto un passaporto per la consapevolezza, rimangono ben scritti sopra e sotto la pelle i 2200km segnati sul tachimetro. Mi ascolto… L’ho pensato spesso che ci vuole l’anima nera per essere un biker.
Ci vuole l’aver portato le catene, il fregarsene del lavoro e a volte accantonare anche la famiglia, ci vuole l’improbabile bilancia tra sollecitazione emotiva e crescita personale, tra impegno economico e risultato finale, ci vuole il bisogno archetipo di libertà e di gioia, ci vuole il sentirsi parte di una comunità. Ci vuole l’aver assaporato il vento in faccia, il formicolio alle mani e il rachide cervicale che urla vendetta. Ci vuole la stanchezza d’aver tenuto in mano il manubrio per ore, i dolori sul sedere per aver cavalcato troppe ore e le ragadi che affiorano.

Ci vuole saper accettare l’esultanza e i timori del viaggio, il saper accogliere il merito di essere felici, una sana, profonda ricompensa. Ci vuole l’anima nera per essere un biker. Ed io, nero scolorito lo ammetto, non ho più niente da dire, ho più cicatrici dentro e fuori il mio derma che saggezza, sono finiti i tempi dele corse senza casco a cavallo del mio Springer sulla Sunset Boulevard, ma se ancora avessi qualcosa da dire pretenderei soltanto di ascoltare chi è nero come me su quante ore fare di moto, su quali viaggi intraprendere, su quale gilet mi inorgoglisce, su cosa fare per riempirmi di emozioni, se è giusto o no abbracciarvi e volervi bene. Mi mancate gia tutti, maledettamente.
Grazie Roma Chapter
Jagat Dyal Singh