Cava de’ Tirreni ovvero:
L’Italia è il paese più bello del mondo.
Partire di prima mattina con un sole splendente una temperatura ideale, in una giornata di inizio primavera.
L’intento era questo, ma non è andata così. La data scelta faceva intuire tutti i buoni propositi dell’organizzazione, la settimana centrale del mese di Marzo, dove l’ inverno pieno oramai è un ricordo e la buona stagione già una promessa, meglio di così non si sarebbe potuto. Dopo il nubifragio subito in quel dell’Ice Tyres, la fiducia era al massimo, la meta allettante e la partecipazione cospicua. Un paio di giorni prima della partenza si procede al consulto dell’Aruspice, il vaticinio non è dei migliori, la sciatica è
leggermente infiammata e la guallera dolente, il Sacerdote si mostra pessimista, purtroppo sarà ancor pioggia, la Dea Artrosi sogghignando malignamente conferma la predizione.
Ne prendiamo atto ma, il “Rubicone” è davanti a noi e sul petto portiamo una patch dove non c’è scritto Parmalat, bensì Roma Chapter, con il Colosseo sullo sfondo. Non abbiamo indugi “Alěa iacta est.” Per dirla tutta non è il Rubicone ma L’area di servizio Tuscolana e più dei dadi, quello che abbiamo tratto dalle nostre tasche è il saldo della quota partecipativa, ma un po’ di sana epicità, non fa mai male e comunque rende sempre le cose più affascinanti.
Perciò, si organizzano le coorti, si impartiscono le ultime disposizioni si innalzano i vessilli e si parte.
Non sarà unviaggio lungo ma in compenso lo faremo tutto sotto un cielo plumbeo e purtroppo in autostrada, poco da dire e poco da vedere.
Anticamente conosciuta come “Terra della Cava” a ridosso del Mar Tirreno, a pochi kilometri nell’entroterra della Costiera Amalfitana, già abitata in epoca remota da una comunità Etrusca, che denominava se stessa, in ossequio al mare che la bagna, popolo dei Tirreni, la città ora porta il nome di Cava de’ Tirreni. I prossimi giorni li passeremo lì, alla scoperta delle bellezze sue e di quelle
delle affascinanti zone limitrofe.
Un paio di pit stop veloci in avvicinamento, poi ci congiungiamo con i Fratelli del Pwr Up di Salerno, saranno questi i nostri anfitrioni in terra Campana ed il nostro tour inizia proprio da casa loro.
Una fastidiosa pioggerellina ci accompagna fino all’entrata del centro abitato, peccato, conosco bene Salerno e vi assicuro che sotto il sole il posto è tutt’altra cosa. Un po’ di gincana nel traffico scomposto e rumoroso, tipico delle nostre latitudini e raggiungiamo il centro. Parcheggio garantito nel piazzale adiacente allo storico Stadio Vestuti, opera di regime, che vide luce nel lontano 1929, originariamente chiamato Campo Littorio e sede delle gare ufficiali della squadra locale fino al 1990. Si scende, ci si saluta e ci si appresta, ancora una volta, a scoprire e gustare la stupefacente ospitalità del Sud.
Qualcuno opta per un aperitivo veloce e qualcun altro, visto che si è fatta “una certa,” preferisce mettere qualcosa sotto i denti. Un assaggio di street food di marca locale, particolarmenteapprezzate le polpettine di pesce che ci vengono offerte, nel mio caso, ovviamente in doppia porzione.
Nel frattempo il clima mostra un po’ di buona volontà, non ci regala il sole ma almeno risparmia un po’ d’acqua. Tutti in moto allora, si va a Vietri sul Mare. Siamo all’inizio della Costiera Amalfitana, in questo piccolo borgo che si estende collinarmente proprio a ridosso della costa. Conosciuto in tutto il mondo per la tradizionale lavorazione della ceramica, e proclamato Patrimonio dell’Unesco nel 1997, il luogo venne usato come porto commerciale già in epoca Romana e mantenne questa peculiarità anche in quelle successive, impiegato fino al 1800 dai Monaci della Badia di Cava, della quale nel frattempo era divenuto frazione acquisita, per lo scambio marittimo di merci, con le zone a sud di Salerno.
Per una piccola strada tortuosa scendiamo alla Marina e ci concediamo una breve passeggiata turistica sul lungomare, giusto il tempo per avere la fortuna di ammirare uno splendido Presepe permanente. Fortemente radicata nel sentimento Partenopeo, la tradizione del Natale, non si limita solamente all’aspetto religioso, ma rappresenta anche parte del suo patrimonio culturale, magistralmente espresso dalle mani di sapienti artigiani.
Vere e proprie opere d’arte curate nei minimi particolari, generosamente donati agli occhi del fausto viandante. Il tempo di metabolizzare cotanta bellezza e siamo di nuovo a cavallo, ci dirigiamo in albergo. Si sale e si sale ancora, siamo in collina e siamo in inverno, il verde dei boschi ci sovrastal’aria è bagnata e la strada scivolosa, il paesaggio intorno incute rispetto ed accenna una gravosità della quale tra poco faremo esperienza. Scapolatiello, la targa all’entrata ci informa che questo è il suo nome e che sta lì dal 1821, Io lo avrei chiamato Piccola Meraviglia del Sud. Accogliente, raffinato e tipico nel modo giusto, caloroso fino al punto di essere quasi quasi intimo.
Potete fidarvi, ne ho visti di alberghi, dal Metropol di Mosca al St. Regis di New York al King David di Gerusalemme ed infiniti ancora, ma qui non si tratta di maestosità, di sfarzo e di lusso, stiamo parlando di
proporzioni, di collocazione, dì armonia e perché no, anche di un pizzico di benigna magia. Una doccia calda un cambio rapido e siamo pronti a ripartire, la giornata non è ancora finita. Per la sezione “la cultura non è mai troppa” la coppia Caffari Cardelli ci ha riservato una chicca di erudizione, che oltre al loro notevole impegno organizzativo, dimostra una volta ancora, l’intenzione amorevole di chi lavora per il nostro diletto. Scendiamo dall’alto attraverso il Borgo antico, per una strada a lastroni che denuncia tutta la propria vetustà.
Non solamente una discesa geografica ma altresì una discesa storica, man mano che lo spazio verso la nostra meta si riduce, anche l’aspetto temporale si modifica e la prospettiva perde attualità. Siamo a 400 mt. sul livello del mare in piena collina, circondati da boschi secolari, sotto di noi in lontananza vediamo scorrere un fiume (il Selano) il buio intorno viene rischiarato da flebili luci, la pioggia fina, che nel frattempo è ripresa a scendere, ed il freddo che sista intensificando, concorrono a cristallizzare le figure che abbiamo davanti, conducendo magistralmente la nostra immaginazione, verso il remoto tempo in cui Tale Beltà fu edificata. “Ci sarà una visita ad una Abbazia” ci avevano accennato nella locandina informativa del Run. Per mia fortuna ho l’occhio allenato, mi basta quindi veramente poco per intuire con largo anticipo, che si tratta di un Eremo.
Un luogo sperduto solitario ed appartato, dove in un preciso momento storico, in cui la religione la fede e la spiritualità, colmavano pienamente l’esistenza Umana, alcune Sante figure, si isolavano in rifiuto ad una mondanità che non gli apparteneva, alla ricerca della congiunzione col Sacro.
Alferio era il suo nome, ed era un Nobile di origine Longobarda che proveniva da una Abbazia della Borgogna, dove in ottemperanza ad un giuramento, rinunciando alla vita diplomatica garantita dal proprio lignaggio, si era fatto monaco. Qui si ritirò nell’anno 1011 sotto la grande grotta Arsicia alle falde del Monte Finestra, scegliendo la solitudine e la preghiera come uniche compagne di vita. In poche parole, la fondazione ed il fondatore dell’Abbazia Benedettina della SS. Trinità del Borgo di Corpo di Cava.
Credetemi, risulta impossibile descrivere le bellezze e le ricchezze culturali, artistiche, architettoniche e religiose, racchiuse in questa antichissima Abbazia, che eretta su più piani, in ognuno di essi testimonia la grandezza, l’importanza e la differenza, con cui codesta Istituzione Benedettina ha influito sia nell’universo intero delmonachesimo, che sul territorio campano e nazionale, nel corso di numerosi secoli. Ripeto non basterebbe un libro intero.
Risaliamo rapidamente in superfice, ed in pochi istanti passiamo dall’ XI° secolo al XXI°. Usciamo dal tunnel temporale per rituffarci nell’umida, piovosa e fredda serata che il contemporaneo ci offre, portando con noi comunque la benedizione dell’Abate Michele Petruzzelli e l’unicità dell’esperienza vissuta. Piacevole il rientro in albergo, che ci accoglie con lo scoppiettio della legna nel camino acceso e con un tepore sicuramente gradito e ristoratore, un piccolo aperitivo, quattro chiacchiere in allegria, poi ci rechiamo nella sala grande. Ceniamo assieme agli amici del Salerno Chapter con i quali scambiamo doni in nome di reciproca stima e rinnovata fratellanza. Fra una portata e l’altra si riesce ad organizzare anche un piccolo momento da dedicare al compleanno di Andrea. Una abbondante libagione in conclusione di una giornata veramente piena, ci predispone al meritato riposo che attendiamo, qualcuno si attarda ancora un po’ gli altri decidono di concedersi finalmente alle braccia Morfeo. La mattina di domenica
porta con se un annuncio di sole, speriamo nella sua conferma, oggi dobbiamo percorrere una strada che ne abbisogna, al contrario perderemmo la sua incredibile bellezza. Si era incerti se percorrerla o meno, lo scrivente per esempio era contrario, ma fortunatamente lo scrivano è un monaco minore e non ha voce in capitolo.
Una strada stretta, in alcuni punti strettissima, fortemente trafficata, inspecial modo nei weekend, motociclisti, ciclisti, pedoni, macchine e pullman, tutti allegramente presenti e pericolosamente vicini, ma il rischio vale la candela. La SS 163 più nota come strada della Costiera Amalfitana. Una cinquantina di kilometri di curve e tornanti ad una sola corsia, per ogni senso di marcia, che in direzione nord, parte da Vietri sul Mare e giunge infine ad Amalfi. Uno splendido percorso panoramico composto da rocce calcaree, macchia mediterranea, piccoli fiordi naturali, minuscole spiagge faticosamente sottratte alla pietra viva, tanto tanto mare e meravigliosi paesini arroccati lungo le pendici dei monti.
Con tutte le presunte difficoltà che un tragitto del genere può presentare, la bellezza che offre questo composito itinerario, considerato non a torto uno dei più belli del mondo, rende quasi obbligatoria la scelta di una visita. Alla fine il sole riesce a sconfiggere le nubi e prepotentemente assiso nella cornice di cielo che gli appartiene, ci accompagna durante tutto il tempo in cui le nostre ruote mangiano asfalto e i nostri occhi mangiano meraviglia. 13 Comuni, colori diversi, profumi diversi, angolazioni diverse
e ancora mille e mille particolari diversi, incastonati in questo gioiello della natura, “l’Italia è il paese più bello del mondo” Simone lo scrive spesso nei suoi post, come dargli torto. A malincuore usciamo dal quadro e continuiamo il viaggio di ritorno.
A Mondragone ci concediamo una sosta pranzo, ancora street food indigeno. Solo un panino per restare leggero, 100 gr. Di prosciutto e 400 di mozzarella,non riesco a chiudere la rosetta……Ancora un po’ di autostrada e giungiamo alla tappa finale. Un caffè una foto,
i saluti di rito e anche questa splendida avventura volge al termine.
Doverosi sono i ringraziamenti ai nostri Activities, Fabrizio e Alessia, per il loro impegno e per la loro costanza, grazie a Pierino nostro Head per l’occasione e grazie a Manuele che ci ha sapientemente coperto le spalle. Grazie ai convenuti Tutti e grazie a chi, quasi sempre nell’ombra, mette in ordine tutti i pezzi del mosaico, affinché l’opera risulti sempre più bella.
Statemisereni.
By Moschet.