RUN Ptati di Tivo
Editoriali

RUN Prati di Tivo

Quant’è dura la vita del passeggero?
Ve lo siete mai chiesto? No che non ve lo siete chiesto… perché non lo siete mai!!!
Ed allora oggi ve lo racconto io perché, appiedata ed in attesa del mio nuovo fedele e luccicante destriero, questo viaggio me lo sono fatto con ben 4 – e dicasi 4 – cavalieri diversi. Stili di guida diversi, moto diverse ma un unico risultato: ossa rotte e acido lattico fino alla punta dei capelli. Eh ragazzi … mica ero abituata a stare dietro a 130 km orari su quel sedile duro con gli addominali contratti e i bicipiti in tensione per tenermi…una fatica boia, va detto – date a Cesare quel che di Cesare – solo passione e amore vero può determinare il vostro compagno di viaggio a questi postumi!

Appuntamento ore 8,00, bottone 8,30, non siamo tantissimi, appena una decina di moto e questo ci consentirà di spingere un po’ di più … foto di rito e caffè al volo e quindi si parte verso la nostra destinazione in quel di Pescara dove un folto numero di fratelli e sorelle del Pescara Chapter ci attende per farci da guida fino alla mèta finale: Prati di Tivo a 1500 metri di altezza.

La strada è piacevole, l’aria fresca e l’idea di partire presto devo dire anche azzeccata.
Qualche intoppo lungo il percorso capita ma l’importante è saperlo affrontare al meglio ed è per questo che vale la pena apprezzare la cura nell’organizzazione del run a prescindere dal numero dei partecipanti.
Posso ricordarlo? Ma sì… lo ricordo: l’esigenza di avere adesione tempestiva alla partecipazione non è una velleità: senza road o safety non si va e devono essere sempre un numero sufficiente per garantire la sicurezza di tutti e ogni esigenza, persino quella di dividere il gruppo. Non serve… ma se serve devono esserci.
Lungo il percorso accumuliamo un leggero ritardo, circa 15 – 20 minuti, ma al nostro arrivo al punto di incontro i ragazzi del Pescara Chapter ci accolgono sorridenti con i motori rombanti pronti a scalpitare.

Partiamo dunque verso il lungomare di Pescara, il sole è caldo, anzi caldissimo, che quasi quasi un tuffetto non ci sarebbe stato male… il lungomare è affollatissimo, stracolmo di gente che passeggia, va in bici o pattina.

Tutti rigorosamente con la mascherina, va detto, ma certamente felici di una riconquistata parvenza di normalità: e devo dire questa euforia “per le cose normali” si sente, trascina, appaga. Ci fermiamo solo pochi minuti, facciamo qualche foto, giusto il tempo di dissetarci ed alleggerirci e torniamo in sella ai nostri bolidi per far soffrire un pochino le nostre frizioni, percorrere un ampio tratto della costa ed infine addentrarci nel cuore dell’Abruzzo.

Cominciamo a salire quindi.
Su, sempre più su, lungo una strada che le curve non ce le risparmia proprio, un tornante dopo l’altro (ho rosicato, lo confesso!) fino a quando ecco la meraviglia della natura che ti mozza il fiato: fra aria tiepida che accarezza il viso e fitti alberi verdi si intravedono appena le cime innevate del Ghiacciaio del Calderone, famoso per esser considerato il ghiacciaio più meridionale d’Europa.

Fin quando… tutto d’un tratto … eccolo che ti si impone alla vista illuminato dal sole e in tutta la sua dirompente bellezza: un colpo d’occhio, lo giuro, che fra i fruscii degli alberi scossi dal vento e nel rombo assordante dei nostri motori ha reso questo viaggio ancor più bello ed emozionante.

Giunti a destinazione il panorama non è certo da meno e ai piedi di una montagna ancora in parte innevata ecco che ci attendono i tavoli con vista sulla vallata a noi riservati. Tutto è già pronto e il nostro aperitivo ghiacciato è lì che ci guarda ed aspetta soltanto di essere bevuto: una gioia per gli occhi… l’apparenza inganna…
saremo stati pure in prossimità del ghiacciaio ma il sole picchiava eccome!!!
Tra risate, scherzi e racconti abbiamo quindi pranzato: bruschette al pomodoro, rigatoni funghi porcini e tartufo e arrosticini, tutto annaffiato da una buona e dissetante birra alla spina.

Inutile dirvi che dopo questo popò di lunch è stato fin troppo piacevole concludere il tutto sdraiati sull’erba a sonnecchiare e chiacchierare, pontificando (come sempre) sul prossimo run, sulla prossima uscita, su quell’accessorio o su quell’altro…
Ma il tempo è tiranno ed alle 16.00 l’incantesimo si spezza: è ora di tornare a casa.

Ovviamente non prima di qualche altra curva e qualche altro emozionante tornante in mezzo boschi; non so per voi ma per me il tragitto di ritorno ha sempre un sapore particolare: appagata dalla giornata e dalle emozioni vissute lo uso per imprimere il ricordo, assaporarlo e consolidarlo nel mio cuore.

Ed in tutto questo, in questa giornata fantastica piena di sorprese, sorrisi e fantasia, un ringraziamento veramente speciale va a Vittorio ed ai ragazzi del Pescara Chapter che vorrei poter nominare ad uno ma rischierei involontariamente di dimenticare qualcuno e non melo perdonerei.

Sono padroni di casa eccezionali, non ci hanno fatto mancare nulla: da bere, da mangiare (non lo dite a nessuno ma oltre ai rigatoni funghi porcini e tartufo, io ho avuto il privilegio di assaggiare anche i tagliolini con il tartufo grattato a vista ed un’ottima genziana casalinga), la musica e persino il complesso rocchettaro, ma soprattutto …devo dirlo… non ci hanno certo risparmiato affetto: incondizionato, genuino, sincero. Erano felici di averci lì a casa loro così come noi eravamo felici di essere là con loro: e questo si vedeva, si sentiva ed era palpabile.

Valeva senza ombra di dubbio il prezzo dell’acido lattico.

By Silvia Valenti